L’ALLARGAMENTO AD EST

Il tema dell’allargamento ad Est dell’Unione Europea è non solo storicamente attuale in questi giorni, ma è certamente un evento di particolare impatto anche sulle strategie di sviluppo dell’impresa italiana.

Marco Tupponi e Enrico Ghirotti

Di questo hanno riflettuto insieme ai soci del Club l’Avv. Enrico Ghirotti, Cesenate, civilista esperto di contrattualistica internazionale e cultore di diritto privato alla facoltà di Economia di Forlì ed il Prof. Marco Tupponi, Forlivese, docente a contratto di diritto commerciale alla Facoltà di Economia di Forlì e consulente aziendale di imprese che esportano o che vogliono consolidare la loro presenza all’estero.
I relatori, che operano insieme da anni nel settore della internazionalizzazione dell’impresa con la società Commercioestero Consulting di Forlì, hanno evidenziato taluni aspetti rilevanti di questo passaggio storico per l’Europa e hanno delineato alcuni scenari che le piccole e medie imprese nazionali si troveranno ad affrontare.
L’avv. Ghirotti si è intrattenuto su alcuni profili giuridici che interessano questa fase di passaggio ad un’Europa a 25 paesi.
Enrico Ghirotti Il 1° Maggio 2004 l’Unione Europea ha acquistato 10 nuovi membri.
E’ un allargamento che porta ad oltre 455 milioni gli abitanti del Mercato Unico (terzo blocco dopo Cina ed India ), distribuiti su un territorio che ora si stende fino al Baltico (con l’ingresso delle tre Repubbliche, Estonia, Lettonia, Lituania) ed alla Mittel Europa (con Polonia, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Ungheria, Slovenia) con propaggini estreme nel bacino del Mediterraneo (con Malta e Cipro).
In vista della futura aggregazione sono ancora Bulgaria e Romania (forse nel 2007), che devono tuttavia superare numerosi ostacoli strutturali, economici e politici, e la Turchia, in predicato di richiedere l’adesione all’UE, non prima di aver risolto i noti problemi relativi al rispetto dei diritti umani.
Dal punto di vista giuridico, i dieci paesi sono connotati da alcune diversità, con Malta e Cipro che si ispirano all’impostazione anglosassone del Common Law, mentre gli altri paesi, pur con differenze anche marcate, adottano in generale una legislazione di stampo romanistico (Civil Law).
Per potere entrare nel novero dei paesi appartenenti all’Unione Europea i Dieci nuovi, hanno dovuto ottemperare ad una serie di condizioni politiche ed economiche, dette Criteri di Copenhagen, in modo da uniformarsi il più possibile alla consolidata esperienza della Comunità.
Democrazia stabile, principio di legalità, rispetto dei diritti umani e dei diritti delle minoranze, economia di mercato funzionante, adozione di regole, norme e politiche comuni, sono le condizioni alle quali i paesi aderenti si sono dovuti adeguare per legittimare il loro ingresso nell’Unione.
Marco Tupponi Nel complesso, i paesi in procinto di aderire all’UE dovrebbero essere pronti nella stragrande maggioranza dei settori, anche se in taluni casi devono essere risolti ancora una serie di questioni in sospeso, che gli analisti tuttavia stimano aggirarsi solo al 3% di tutti i punti esaminati.
L’ingresso in Unione Europea reca con sé innanzitutto l’adozione della moneta unica, l’Euro, il rispetto dei principi della libera concorrenza, la libertà di stabilimento e di circolazione, ma anche -fra le innumerevoli- a mero titolo esemplificativo, le norme sulla sicurezza, sulla responsabilità del produttore, sui ritardi di pagamento, sulla tutela della proprietà industriale (il marchio europeo sarà automaticamente valido anche nei 10 paesi).
Due aspetti giudiziari vanno inoltre sottolineati, l’estensione ai paesi di nuova adesione dell’eseguibilità delle sentenze nazionali e l’estensione della possibilità di ottenere un decreto ingiuntivo in Italia contro un debitore europeo.
Il Prof.Tupponi ha voluto sottolineare come ma parola d’ordine per le imprese italiane debba essere “internazionalizzazione”.
Nel mercato globale non è più sufficiente il solo commercio e prime fra tutte se ne sono accorte le imprese del Triveneto.
Occorre trovare alleanze, fare strategie per il futuro, intercettare i fondi comunitari che dal 2006 verranno sempre più dirottati verso l’Est Europeo.
C’era un’altra sottolineatura cara ai relatori: parlare la nostra lingua italiana anche nella cultura dell’internazionalizzazione, soprattutto con quei paesi che hanno un’omogeneità giuridica con l’Italia, come i Paesi dell’Est Europeo.
Non ha senso interporre, soprattutto nei contratti, la lingua inglese e suggerisce significati propri della Common Law, ma spesso lontanissimi dai sistemi giuridici dei paesi contraenti.
Alle domande interessate dell’uditorio i relatori hanno concluso ribadendo la loro visione di internazionalizzazione e riaffermando quanto attuato nella loro esperienza professionale, cioè che il ruolo di consulente, che accompagna le imprese verso le sfide dei mercati esteri, deve essere non solo quello di assisterle come tecnico, ma soprattutto quello di saper trasmettere fiducia ed idee.