SALUTE E FORME DI TERAPIA FILOSOFICA ANCHE NEL MONDO DEI GIOVANI

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Pietro Castagnoli

L’ incontro al Rotary Club di Cesena sulla terapia filosofica, un movimento che dilaga e che è giunto anche in Italia, è nato da un progetto del socio dott. Leonardo Wolenski per chiarire il concetto di salute come pienezza del vivere. Si trattava di passare dal Wellness, al benessere fisico, alla salute esistenziale nel vero senso della parola. Il benessere fisico non è soltanto assenza di malattia, ma Armonia con sé, con gli altri, col mondo. Il concetto di armonia rimanda ai primordi della nostra civiltà occidentale dai tempi della scuola pitagorica e insieme all’euritmia per la musica è alla base anche della civiltà orientale. Pietro Castagnoli ne ha discusso nella riunione del 27 scorso all’Hotel Casali, presidente l’avv. Sanzio Gentili, cercando di spiegare come la filosofia oggi ritorni ai suoi primordi nella forma di una vera e propria terapia esistenziale. Ciò implica un mutamento radicale del nostro modo di fare filosofia che non è la rassegna storica dei filosofi e dei loro testi, o la presentazione di problemi in astratto, ma il dialogo personale, tra il filosofo e il “cliente”, che non è il paziente, ma la persona che si trova in difficoltà nella vita di tutti i giorni. Il problema non è dell’uomo nel tempo, ma di come si usa il proprio tempo di vita. Oggi è necessario il ritorno ad un vero dialogo, senza prevaricazioni.
I giornali parlano degli interventi richiesti ai filosofi anche per “la strategia d’impresa” e il riferimento è alle origini, a Socrate e al suo modo di dialogare, che non era di imporre un proprio punto di vista, ma di dipanare matasse di contraddizioni vendute per certezze con un peso pubblico per la massa.
In questo “dialogo” personale entrambi mettono in questione se stessi e orientano la loro vita. Montano sulla stessa zattera per attraversare il fiume e poi scendono. Questo modo di dialogare si è imposto con la “pratica” filosofica di Gerd Achenbach in Germania dal 1981 e poi con un libro famoso e di scandalo contro la filosofia accademica negli USA da parte di Lou Marinoff, “Meglio Platone del Prozac”, e contro il ricorso alle pillole farmaceutiche come toccasana per i problemi esistenziali che ci travolgono sia nella vita privata che in quella pubblica. È chiaro che il medico e lo psicoterapeuta possono aiutarci a stare meglio, a guarire dalla malattia, ma non ad orientare le nostre scelte di vita, che fino a qualche tempo fa erano l’arruolamento in un campo politico al solito prefissato.
Marinoff nelle “Pillole di Aristotele” mette poi in luce l’importanza dell’amicizia. Si può essere amici per interesse, o per piacere, o per condividere un modo di vivere, trovare consonanze.
Quanto ai giovani la cultura della droga è passata attraverso il Rock nelle discoteche. È la ricerca di una trance senza gli appoggi comuni che c’erano nelle società tradizionali. Dall’LSD alla pillola per l’estasi la falcidie è stata enorme. È mancato un vero dialogo.
Ne è seguita una serie di precisazioni sulle origini della definizione di malattia mentale e sui rapporti tra mente e cervello, e sulla biochimica anche nei rapporti affettivi, ma il richiamo alla integrità della persona nella sua interezza è apparso evidente. Resta il fatto che un nuovo umanesimo non può prescindere dallo studio dell’universo cervello.
    Pietro Castagnoli
www.webalice.it/castagnoli.pietro



Documento Word Approfondimenti

Castagnoli Pietro Che cos'è la filosofia oggi
e perché deve occuparsi anche di salute e di medicina, dopo i problemi della fame relativi alla produzione e distribuzione e quelli dell'analfabetismo relativi alle forme d'ignoranza vecchia e nuova e ai problemi dell'informazione nell'industria culturale. È il programma rotariano di Clem Renouf dal 1976, delle tre H: Hunger, Health, Humanity, oggi alla base della Rotary Foundation per i progetti più importanti, sempre tra "utopia e disincanto", desideri incompiuti e realizzazioni possibili dopo le illusioni patite.
Oggi per la filosofia, "ridotta ai minimi termini" "la vita è ciò che noi ne facciamo". È la definizione di Socrate, tagliato via ogni presupposto.
Per altri è semplicemente "piacere di vivere". È la definizione del Giardino di Epicureo, quando la vita è ridotta all'osso, tutta qua e qui, libera da ansie e paure e bisogni non necessari.
Carpe diem, vivi il tuo attimo, crepi l'astrologo.
Per le forme di nichilismo attuale "non c'è uno scopo, un perché". È passivo se ci lascia vivere alla deriva, ed attivo se ci si orienta dentro di noi e fuori in preda alla volontà di potenza di una energia vitale sconosciuta o prigionieri del mercato dei beni non necessari.
Il motto di Socrate che è alla base della nostra civiltà è "conosci te stesso".
In Oriente il "te stesso" da realizzare è il Tao, una composizione armonica dei due aspetti, maschile e femminile, ma nella liberazione dal mondo.
Per lo yoga tantrico è la possibilità di risvegliare in noi la kundalini, una immensa energia vitale posta alla base del nostro corpo.
Una prima risposta: Come vivere allora? Dipende dall'uso che vogliamo e riusciamo a fare di noi stessi: che è l'uso del tempo che ci è concesso di vivere.(1)

Che cos'è la salute?
La definizione di salute dell'OMS è: "stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia". Si pone alla base di tutti gli altri diritti fondamentali. Si va oltre la semplice gestione di un sistema sanitario. Benessere fisico, fitness, wellnes, ne sono una semplice componente.
Una definizione ancora più calzante dell'OMS è che "la salute è "armonia con se stessi, con gli altri e col mondo". È una prospettiva che va oltre la professione medica attuale. Non c'è solo la malattia fisica o mentale.
Dilagano forme di "terapia esistenziale". Tornano alla mente i detti sulla sapienza più remota: Sofia psichés soterìa. Sapientia salus animi. La Sapienza è la salute dell'anima. Frònesis è l'uso razionale della vita.

Che cos'è "la pratica filosofica"
che va prendendo piede, la consulenza filosofica, "the pratical counselling"(con due l in Canada, una sola a New York), "die Philosophische Praxis"(praxis in tedesco è pratica, ma anche ambulatorio).
È un modo nuovo, alle radici, non di studiare, ma di fare filosofia. Ci si sgancia dalle sovrapposizioni culturali che sono diventate incrostazioni e si affrontano i problemi della vita di ogni giorno, di ciascuno di noi, singolarmente o in gruppo, in un dialogo di condivisione di ansie.
Non è più la filosofia ex cattedra, dell'ipse dixit, non ci sono risposte per tutti, manuali, testi prescelti, imposizioni, consolazioni e rassicurazioni.
Soltanto il bisogno di fare chiarezza in un dialogo. Il consulente non è il maestro, ma il consigliere che non consiglia, ma aiuta a costruire insieme un percorso di vita. Pone domande senza risposte nel groviglio della vita: ognuno deve trovare la sua risposta. È un pungolo, un tafano, come ai tempi di Socrate.

Nella veste americana, molto pragmatica, Lou Marinoff, ha espresso questa esigenza con una formula che ha colpito: "Plato not Prozac", la traduzione italiana è Meglio Platone del Prozac).(2)
Platone è inteso come il filosofo di un dialogo in ogni direzione e il Prozac, sappiamo tutti, è un farmaco antidepressivo di cui si fa un uso quasi taumaturgico, è il ricorso alla chimica per la macchina uomo.
Questa terapia invece è "for the sane", per chi sta bene, ma ha tutti i problemi che assillano gli uomini del nostro tempo, gli "everyday problems", i problemi quotidiani, del lavoro, dei rapporti con gli altri, della vita familiare. Non è una filosofia per gli accademici, di scuola, ma un ritorno alla filosofia come "a guideline for a way of life", una linea guida per un modo di vivere, uno stile di vita personale.
Ha cominciato per caso con persone che gli chiedevano consigli sull'aborto o sull'eutanasia. Noi potremmo chiederci perché il burka o i kamikaze, la morte per fame o per acqua, la schiavitù sessuale, ma anche che dobbiamo fare della nostra vita.
Socrate fu accusato di asébeja, di empietà. Chiedeva troppo in alto e a tutti, anche quando si doveva tacere. Era accusato di mettere in questione tutto e così di corrompere i giovani: io voglio renderli autosufficienti, "self-sufficient", sostiene Marinoff.
È tranciante: "È normale avere problemi, è normale avere sofferenze (emotional d stress). Ma i dottori li trattano come una malattia (as a disease) e medicano la gente per l'oblio (to oblivion)", per dimenticare.Anche lo psicologo ti fa ricordare per dire quel che sei stato e poi?
Però se avete disfunzioni gravi, e non potete lavorare o pensare, allora non dovete fermarvi al filosofo. E talvolta il miglior corso di medicina può essere "Platone e il Prozac".
Sono provocazioni intelligenti nella società americana in cui la corsa al denaro, al "money money", è una religione e molto stressante.

C'è anche una veste europea, di diversa tradizione.
La "Pratica filosofica" è nata prima in Europa, in Germania nel 1981, nei pressi di Colonia.
Gerd B. Achenbach ne aveva ben delimitato i paletti. Il libero dialogo prescinde dai filosofemi, non ha schemi e soluzioni predefinite. È una pratica di orientamento di vita, anche professionale. Si rivolge al singolo individuo per superare i suoi blocchi. La Pratica filosofica non sa, ma spesso sa come procedere. La consulenza sulla vita come compito della filosofia è una filosofia morale, lezione di vita o arte di vivere, liberandosi dalle tre forme tradizionali della filosofia, quella dell'università, esercizio o raffinato gioco intellettuale che è sempre autoreferenziale, tra filosofi che ruminano tra loro i loro pensieri, o confessione religiosa di fronte a quadri di valori precostituiti, oggi in crisi di fronte a un modo tecnologico che viola ogni sacralità, o come liberazione con le infinite psicoterapie che non affrontano le radici del disagio, ma si limitano a psicofarmaci dell'oblio più o meno mascherati.
Ciascuno invece è chiamato alla sua responsabilità attiva.
Sarebbe interessante vedere come su questi filoni di "terapia esistenziale" hanno influito le Ricerche filosofiche del 1951 di Wittgenstein, un filosofo viennese trapiantato nella Cambridge di Bertrand Russell, che ha sostenuto che bisogna guardare sempre agli usi che facciamo del nostro linguaggio nella corrente di vita, così come nel Tractatus Logico-philosophicus del 1921 aveva delimitato il campo logico della scienza, sostenendo che anche quando avessimo risolto tutti i problemi della scienza non avremmo ancora colto il "senso della vita" affidato alla nostra personale e attiva testimonianza.

Il 15 e il 16 Novembre prossimo si terrà a Parigi sotto gli auspici dell'Unesco, e il 16 è la giornata mondiale della filosofia, un Colloquio internazionale sulle "Nuove Pratiche filosofiche", "les Nouvelles Pratiques Philosophiques". Lo scopo è di aprire un dibattito sull'interesse e la necessità di una filosofia come pratica sul piano pedagogico, culturale, sociale e politico. Si tratta di provare che la filosofia non è un'attività superflua o riservata a una élite, ma è essenziale alla vita della città. "essentielle à la vie de la cité". Bisogna però fissare i paletti di ciò che si intende effettivamente per filosofia ratica, che non è atteggiamento scientifico, illusione consolatoria, o scelta di campo politico, ma logica interna a uno stile di vita.

La diffusione in questi anni di numerose pratiche come "la filosofia con i fanciulli", i "caffè filosofici", i "laboratori di filosofia" nelle biblioteche e nelle librerie, la "consulenza filosofica", i successi editoriali di libri filosofici per il grande pubblico anche nelle edicole, la "filosofia per tutti" in Internet, sono le avanguardie di una profonda trasformazione culturale che avrà il suo peso nelle scuole e nella vita sociale.
In molte nazioni dal Brasile all'Australia, dal Belgio alla Norvegia è già in atto l'iniziazione della scuola primaria alla filosofia. Si vuole sviluppare il pensiero critico o l'etica in ogni età e non è mai troppo presto.
Tutto ciò implica un ripensamento del modo di presentare la filosofia, la sua pedagogia. Non è più una trasmissione di conoscenze, ma una pratica educativa per sviluppare la capacità di giudizio sulla propria vita in base al dialogo, alla discussione per l'elaborazione di un pensiero autonomo e critico.
Si allarga la rete internazionale di pratiche educative nella scuola primaria e fuori dalla scuola a tutti gli adulti per imparare a vivere insieme, per una nuova dimensione della cittadinanza culturale.
È anche una sfida profonda ad ogni forma di fondamentalismo, sia ateistico che religioso.

Una presenza tra i giovani. La cultura della droga

E i giovani? Vivono più intensamente nelle discoteche e nelle esperienze di droga il loro disagio.
Quella che chiamiamo la cultura della droga ha radici lontane. La terapia nelle società tradizionali era il rifugio nella festa religiosa o nei riti di iniziazione, sempre assistiti da consuetudini comprovate.
Oggi il loro disagio di un deserto interiore si urla nella musica in uno stordimento di massa. Anche questa è prassi antica, la ricerca della "trance" per la perdita dell'io colpevole di vivere, ma senza l'adeguata preparazione e l'attivazione di forze interiori.
Nel Rock, ridotta in pillole, c'è tutta la filosofia del nostro tempo. Penetra anche nelle balere più remote. Mi fermo ai nomi di Fabrizio de André e a Guccini, ormai classici di questa cultura. In poche note si riassume una filosofia di vita.
Pensate al "Dio è morto", che va oltre Nietzsche, e oggi soprattutto "io è morto", o ad Auschwitz e al "filo di fumo" che non è più quello della Butterfly di Puccini, ma del bambino ebreo che esce dal camino del forno a gas, alla disperazione sottile di chi non riesce ad amare, di chi è solo, di chi non sa dove andare, di chi non ha futuro, di chi ha perduto se stesso e non sa più chi è, "io è morto" appunto.
Anche queste domande esigono una presenza della "filosofia pratica", un incontro che non è la pillola di estasi.

    Pietro Castagnoli
www.webalice.it/castagnoli.pietro

(1) Dieci domande del prof.Geoffrey Klempner, da Londra, per la sua filosofia per tutti, iPathways: Ten big questions (traduzione del termine tedesco Der Feldwege di Martin heidegger -1949 - Sentieri, poi Holzwege, Sentieri interrotti)
(2)Apogeo è la Casa Editrice di Milano che ha diffuso in Italia la Consulenza filosofica.
(3) Lo specifico della filosofia. Cfr. Domenico Massaro per SFI in Internet. Le sottolineature in Blu sono mie: la problematizzazione è l'insorgere del problema, la storicizzazione è la sua collocazione in una prospettiva storico-situazionale, l'argomentazione è la presa di distacco per decidere, la capacità di vedere a distanza la situazione bloccata, e porsi ad un livello o piano superiore (l'ironia socratica), per uscire dall'impasse.
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Comunicazione Filosofica n. 13 aprile 2004

Filosofia e Critical Thinking

Suggestioni formali derivanti dal metodo del Counseling filosofico

di Domenico Massaro

L'educazione filosofica di base, come è noto, contribuisce alla formazione nei giovani di molteplici conoscenze e capacità di carattere sia contenutistico che formale. Tra le prime dobbiamo annoverare le nozioni circa i principali movimenti filosofici, lo studio dei protagonisti della storia della filosofia e la lettura e l'interpretazione di alcuni dei loro più significativi testi. Pur rappresentando senza dubbio un momento rilevante della cultura filosofica dei nostri giovani, tali competenze circa i contenuti non possono considerarsi né uniche né esclusive. Il lavoro filosofico comporta, infatti, anche obiettivi (e competenze) di carattere formale e metodologico, che si riferiscono ai principi logici, etici, estetici, politici, ecc., sulla cui base si costruiscono i sistemi di pensiero e si struttura la stessa conoscenza umana. Naturalmente, anche questi principi si collocano nella storia e s'intrecciano con lo sviluppo dei sistemi filosofici e con i loro modelli argomentativi. E, pertanto, a mano a mano che facciamo l'esperienza del discorso filosofico, abbiamo modo di conoscere e approfondire i principi del metodo deduttivo, dell'induzione, dell'abduzione, oppure le strategie del procedimento dialettico, trascendentale, euristico, ermeneutico o analogico. Dal complesso di queste esperienze intellettuali – di carattere sia contenutistico che formale e metodologico – deriva il tratto tipico della formazione filosofica di una persona, che si suole anche designare come pensiero critico, o, con un'espressione in voga nel mondo anglosassone, Critical Thinking.
Il cosiddetto "pensiero critico" con cui ha a che fare la formazione filosofica, dunque, non è un esito quasi taumaturgico del corso di filosofia, ma dipende dal modo in cui è condotto la lezione di filosofia, dallo spazio dedicato all'apprendimento delle strutture formali (a cui abbiamo fatto cenno sopra), dall'esperienza viva e concreta del dialogo e della scrittura filosofica. In termini più analitici possiamo dire che il consolidarsi del "pensiero critico" è collegato principalmente alle abilità di problematizzazione, storicizzazione, argomentazione. Queste tre abilità coprono e, al tempo stesso, esplicitano la nozione polisemica (e ambigua) di "pensiero critico". In estrema sintesi, mentre la storicizzazione disloca il soggetto nel passato (più o meno lontano), la problematizzazione riporta al nostro presente la parola dei filosofi e la rende utile per progettare il futuro. La storicizzazione e la problematizzazione sono momenti necessari e inscindibili della formazione filosofica di base e costituiscono il fondamento su cui si costruisce l'argomentazione. Senza la capacità di distanziare i problemi e le soluzioni, infatti, non saremmo in grado di avere una veduta ampia e sistemica della realtà, ma i problemi e le soluzioni della tradizione sono più interessanti se riletti alla luce dei problemi dell'oggi. Tale è la dialettica dello sviluppo civile e tale è la dialettica dell'esperienza filosofica. Possiamo dire questo concetto anche con parole diverse, ossia che è proprio della filosofia ciò che in qualche modo appartiene alla conoscenza (scientifica) in generale, e, cioè: articolare analisi e sintesi, veduta del particolare e veduta dell'insieme. Se la "storia" ci collega al passato e ci permette di acquisire una visione ampia e prospettica delle cose, il "problema" ha una sua fecondità teoreticamente euristica e ci mostra la dimensione mai conclusa e sempre aperta della filosofia, che in tal modo si prospetta come il territorio della "meraviglia" (cfr. Platone, Teeteto 155 d; Aristotele, Metafisica, A 2, 982 b). Dopo esser passati per l'esperienza della storia e la fatica del presente, possiamo guardare con più chiarezza in noi stessi, una volta che abbiamo provveduto a ripulire i vetri dei nostri occhiali. L'argomentare le nostre ragioni sarà ora operazione più agevole e meno ingenua.

Nel quadro appena delineato, che incentra l'attenzione principalmente sulle competenze formali del lavoro filosofico, il nostro discorso incrocia un campo di ricerca che oggi si sta affermando,oltre che in America, anche in Europa, quello della consulenza filosofica. Non intendiamo qui condurre un'analisi documentata del counseling, ma più semplicemente vogliamo mostrare come l'interesse per la pratica della filosofia – o, più semplicemente, l'interesse per il lato utile o piacevole e rassicurante della filosofia - possa offrire suggestioni in ordine alla stessa didattica filosofica.

Come è noto, la consulenza filosofica è una pratica che, mettendo a frutto le competenze contenutistiche e formali della filosofia, tende alla risoluzione dei problemi pratici del consultante. L'orizzonte entro cui si colloca è appunto quello del problem solving, ove per "problema" intendiamo un impasse, un punto morto, un nodo che non riusciamo a risolvere anche (forse principalmente) perché non sappiamo come trattarlo dal punto di vista logico o a cui riserviamo un trattamento errato Ma si deve subito aggiungere che la concreta risoluzione del problema e l'eventuale raggiungimento dell'equilibrio devono essere una conquista personale del consultante, nella sua libertà e autonomia. Questo passaggio è decisivo per definire filosofica la pratica della consulenza. Senza libertà e autonomia non c'è infatti filosofia, neppure in termini di terapia e applicazione. In altre parole, nella relazione consulente la filosofia non può venire fraintesa nella sua caratteristica di fondo. E, dunque, il consulente deve farsi mediatore presso il suo pubblico di quelle abilità che maggiormente si sono espresse nella tradizione filosofica, ossia il rigore logico e argomentativo, che sovrintende sia all'interpretazione dei testi che all'elaborazione dei discorsi dotati di senso. Se il lavoro della consulenza filosofica si esplica essenzialmente sul livello dell'analisi e comprensione del problema, in vista della presa di una decisione razionale, in grado di muovere congruentemente anche le emozioni del consultante, allora dobbiamo convenire che la logica gioca un ruolo decisivo sia nella formazione del consulente, che nello sviluppo della pratica. Ed è su questo aspetto che voglio ora soffermarmi.
Il campo di azione specifico della consulenza filosofica, dunque, va riposto nell'obiettivo di incidere non solo e non tanto sulle idee (e la filosofia spontanea) del consultante, ma principalmente sulle procedure logiche di risoluzione dei problemi.
La consulenza tende a far guadagnare un punto di vista nuovo e a produrre un cambiamento nella prospettiva logica del soggetto. Il più delle volte, infatti, il conflitto (o il malessere delle persone "sane") nasce dal fatto che la persona si sente prigioniera della situazione che lei stessa ha contribuito a determinare e da cui non sa come venirne fuori. Riuscire a trovare soluzioni nuove che ci portino fuori dalla palude in cui siamo caduti: ecco un impegno formidabile per le nuove pratiche filosofiche, che si dicono "filosofiche", perché pretendono di indurre un cambiamento non di superficie, ma profondo, che riguarda cioè l'ottica con cui guardare al mondo, a noi stessi e agli altri. Alla domanda: "Qual è il tuo scopo in filosofia?" – Wittgenstein rispondeva: "Indicare alla mosca la via di uscita dalla trappola". Più, in generale, l'uscita dalla trappola passa sovente per una ristrutturazione del campo logico e il passaggio da una prospettiva angusta a una veduta superiore e più ampia. La storia della logica è piena di esempi a cui possiamo attingere per riparare i tanti guasti che facciamo, con le parole e le inferenze sbagliate, quando tentiamo di risolvere un problema. Come la mosca di Wittgenstein, spesso non riusciamo a liberarci dai nostri stessi sbagli. La filosofia ci può dare una mano, ad esempio chiarendoci che spesso commettiamo errori di tipizzazione logica, scambiando un elemento per la sua classe di appartenenza, come nel celeberrimo paradosso di Epimenide di Creta (VI sec. A. C.) il quale afferma "Tutti i Cretesi sono bugiardi". La creazione involontaria di paradossi è frequentissima nella comunicazione quotidiana ed è, altresì, la causa di tanti trattamenti erronei delle difficoltà della nostra vita. Un'applicazione ai casi della vita di questo discorso è, ad esempio, l'esortazione della madre (o dell'insegnante) al proprio ragazzo: "Sii spontaneo!", "Studia, ma non perché te lo chiedo io, bensì per tua spontanea volontà!". Naturalmente, consigli di questo tipo, oltre che illogici, sono anche destinati all'insuccesso: non producono un reale cambiamento, ma non fanno che aumentare il contorcimento mentale dei soggetti coinvolti nel problema. Ecco, dunque, che cos'è un impasse, ossia l'impossibilità di uscire dal problema e di assumere una decisione che segni un reale cambiamento. Che problema abbiamo davanti? dunque – possiamo dire parafrasando Wittgenstein. Spesso abbiamo problemi analoghi all'antinomia del mentitore, che è una vera e propria difficoltà logica, per la cui soluzione si sono adoperati logici di ogni tempo, da Aristotele a Russell (la leggenda narra che un logico antico, Filita di Cos, vissuto all'incirca tra il 340 e il 285 a. C., sia addirittura morto a causa delle estenuanti meditazioni notturne spese nel tentativo di risolvere il paradosso). Oggi disponiamo della soluzione (soddisfacente) di Russell, secondo cui per risolvere le antinomie occorre escluderne l'autoreferenzialità, ossia si deve evitare che l'enunciato si riferisca a se stesso. Una soluzione intuita già da Aristotele che, negli Elenchi sofistici, discutendo delle fallacie logiche, distingue un aspetto del discorso per cui esso può essere considerato vero "limitatamente a un determinato oggetto" e un altro aspetto, per cui è "falso in linea generale". In altri termini, il problema logico di Epimenide cretese nasce dalla riflessività dell'enunciato, ossia dalla confusione tra classe e membro. L'asserzione si riferisce a "tutte le asserzioni" di Epimenide cretese (la classe) e, dunque, anche all'asserzione in questione (che è un membro della classe). Come hanno mostrato P. Watzlawick, J. H. Weakland e R. Fisch in Change (Principles of Problem Formation and Problem solution (1973), i paradossi della vita quotidiana del tipo "Sii spontaneo!" hanno la stessa struttura del paradosso del mentitore, ossia violano la teoria dei tipi logici, secondo cui qualunque cosa presupponga "tutti gli elementi di una classe, non può essere un elemento della classe", pena il paradosso.
Applicando tale regola alla logica della decisione e del cambiamento, incrociamo quello che il counseling considera un momento decisivo della sua terapia, vale a dire la capacità di prendere le distanza dal problema e concepire strategie concettuali significativamente di livello superiore rispetto ai termini stessi del problema. L'impiego di alcune delle distinzioni della logica, dunque, ci può far uscire dalla trappola della riflessività della soluzione tentata e farci guadagnare un punto di vista nuovo, una prospettiva diversa che è la nostra soluzione tanto ricercata. A differenza del proverbiale asino di Buridano – che muore per non saper scegliere a quale dei due sacchi di paglia saziare la propria fame – la filosofia insegna che non sempre la soluzione va ricercata nella scelta tra due termini dati (uno o l'altro dei membri di una classe), ma a volte è opportuno spostarsi a un livello logico superiore (tutte le alternative, ossia gettare il proprio sguardo non su un membro, ma sulla classe). Tale manovra porta a una ristrutturazione del campo, ossia ci fornisce un modo nuovo di guardare al problema e ci rende più vicina la soluzione.
Ecco, dunque, in conclusione, qualche esempio di come la "pratica filosofica" possa offrire interessanti indicazioni, spunti o suggestioni in ordine a una didattica che si ponga il problema della formazione alla riflessività e al pensiero critico.

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