Abbazia del Monte

Come si legge nella biografia del Vescovo cesenate S. Mauro, tramandataci da S. Pier Damiani, fu il Santo Vescovo ad erigere sul monte Spaziano una cappella verso il X secolo, ma già all’epoca in cui Damiani scriveva la vita Beati Mauri (circa alla metà del sec. XI°), vi era sorto un celebre monastero dedicato alla Beata Vergine Madre di Dio.
La storia della millenaria abbazia e della sua basilica ha conosciuto numerose vicissitudini che, soprattutto per i primi secoli della sua esistenza, mancano di un riscontro documentario: sappiamo che visse un grave periodo di decadenza, in seguito ad eventi traumatici, nella seconda metà del secolo XIV (causati dalle contese fra le varie fazioni in lotta per il predominio sulla città); ma le difficoltà si protrassero a lungo, se sotto il dominio dei Malatesti i danni causati all’abbazia un secolo prima, in modo particolare dagli Ordelaffi, non erano stati ancora del tutto riparati.

Abbazia del Monte Gli interventi di ricostruzione della chiesa e del monastero iniziano nella seconda metà del sec. XV: nel 1464 (lo stesso anno si insediava il nuovo abbate benedettino appartenente alla Congregazione di santa Giustina di Padova, divenuta poi Congregazione Cassinese a cui fino ad oggi l’abbazia è rimasta fedele) Malatesta Novello lasciava per testamento un legato annuo di cinquanta ducati d’oro per i restauri della fabbrica e della chiesa. Dalla fine del sec. XV° a tutto il XVI° secolo l’abbazia conosce un periodo di floridezza che permette una completa ristrutturazione edilizia della basilica e dei chiostri, acquisendo infine quell’aspetto di solennità che ha mantenuto fino ad oggi. Ben poco sappiamo della struttura medioevale che giunse fino al sec. XVI° : gli avanzi di un muro, con finestre ad arco acuto, di un cornicione e di pilastri, osservati durante lavori di ammodernamento, hanno fatto pensare che la chiesa avesse un impianto basilicale a tre navate.
L’originaria struttura conobbe un radicale rifacimento nel corso del XVI° secolo: le navate laterali furono convertite in cappelle e si edificò la “cappella grande della Madonna” ovvero l’abside e la corsia che la circonda (1536-1545); la cupola fu innalzata per opera dell’architetto bolognese Francesco Morandi detto il Terribilia nel 1569 (e sarà in buona parte rifatta da Pietro Borboni negli anni 1771-72); la copertura fu opera del maestro Domenico Gravini di Brisighella il quale pure costruì il primo scalone centrale discendente nella Cripta, di lì a poco scomparso nel rifacimento del Terribilia (1572), il quale fece il nuovo scalone ascendente (dalla parte inferiore della basilica al presbiterio), conservato a tutt’oggi.
La decisiva trasformazione della Basilica di Santa Maria del Monte nel corso del sec. XVI (“la cappella grande” dedicata alla Madonna e le ristrutturazioni nel corpo dell’antica basilica fanno parte di un progetto unitario) non fu determinata solo da esigenze architettoniche, ma sancisce come culto fondamentale del tempio quello mariano (infatti nel frattempo le spoglie del Vescovo S. Mauro erano state traslate nella nuova Cattedrale di Cesena). Oltre ai restauri di fine Settecento, la chiesa e il monastero hanno conosciuto altri interventi portati a termine nel 1914 e quelli imponenti del secondo dopoguerra (1947-50), per riparare i gravi danni bellici.
Il fabbricato quadrilatero comprende la Chiesa e il Monastero con due chiostri.
Quest’ultimo aveva in origine tre chiostri, di cui il maggiore era detto “chiostro grande” o “bello”, costruito nel primo scorcio del Cinquecento: di forma quadrata, con al centro il pozzale (di Alessandro Corsi, risale al 1588 ed è a tutt’oggi conservato), era a due ordini di colonne (porticato in basso e loggia al piano superiore); devastato da un incendio, fu completamente rifatto alla fine del Settecento nella forma in cui ancora si conserva (unico ordine con funzione di portico e finestre al posto del secondo ordine).
Progressive innovazioni degli stessi anni portarono a cambiamenti profondi in tutta la struttura intorno al chiostro grande; ristrutturazioni che investirono anche il primo chiostro “piccolo” (o porteria, oggi parzialmente conservato), costruito alla fine del Quattrocento, che dà accesso al Monastero ed è attiguo all’altro: di forma quadrata, con colonne di travertino, poggianti su un muricciolo, che sostenevano archi a tutto sesto armoniosamente ritmati, mentre le quattro pareti soprastanti erano corse da finestre centinate in corrispondenza di ogni colonna. Le ristrutturazioni settecentesche, ribassando gli archi, alzando le facciate e aprendo in esse nuove finestre in corrispondenza di ogni arcata, ne mutarono sensibilmente la fattura.
Infine furono costruiti i due scaloni : uno sale dal chiostro piccolo al piano superiore e fu ricavato nel luogo dell’antico refettorio; l’altro sale dal secondo chiostro al corridoio superiore.
L’edificio conventuale ha conosciuto un recente intervento di restauro e ristrutturazione in concomitanza con il millenario dell’Abbazia.
La Basilica è a pianta rettangolare, ad unica navata, con sette cappelle laterali; i due corpi che la costituiscono (navata e presbiterio) sono su livelli differenti, collegati fra loro da uno scalone centrale affiancato da due laterali discendenti verso la cripta.
Conserva ancor oggi preziose testimonianze artistiche.
Nella navata ogni cappella, pur uniforme nello stile architettonico, è abbellita da varie decorazioni anche pittoriche: nella prima a destra si ammira una Annunciazione (1541) di Bartolomeo Coda (1516-1565), sopra l’altare in una preziosa cornice; nell’ancona lignea della terza cappella, dopo varie traversie, è collocata la bella pala di Francesco Raibolini detto il Francia (1450 ca-1517) Presentazione di Gesù al Tempio, di un classicismo piano, memore del Perugino; qui pure si trova una piccola Deposizione (ca. metà del sec. XVII) di scuola bolognese.
Lungo tutto il fregio della navata, in una fascia continua, furono affrescate dal ravennate Girolamo Longhi (1559) quattordici scene della Vita di Maria, intercalate da figure di angeli, profeti e sibille.
Al termine del grande scalone, si possono ammirare gli affreschi della cupola.
Già Francesco Masini vi aveva dipinto il Paradiso, ma due secoli dopo, quando nel Settecento il Borboni dovette rifarla, fu chiamato Giuseppe Milani ad affrescarla e vi dipinse l’Assunzione della Madonna (Maria è assunta al cielo, mentre nella parte più bassa, disposti lungo il cornicione mistilineo, stanno gli Apostoli; negli otto quadri del tamburo sono raffigurate scene e personaggi dell’Antico Testamento; nei pennacchi, i quattro Evangelisti).
Dietro l’altare maggiore vi è il bellissimo Coro ligneo, intagliato da Giuseppe d’Alberto da Scalve (1560-1562) con rappresentati personaggi biblici o forse allegorici.
Uno dei tesori conservati nella Basilica è rappresentato dalla raccolta degli ex voto alla Madonna del Monte, che, benché nel corso dei secoli abbiano subito gravi perdite, tuttavia rappresentano un patrimonio inestimabile non solo di fede ma anche come testimonianza di pittura popolare, talvolta ingenua, prodotta da ignoti artigiani, a partire dal Quattrocento: si tratta di 690 tavolette dipinte in varie epoche, raccolte in 14 bacheche collocate nel Santuario.
In molte è evidente un carattere artigianale, in altre invece la mano di un artista, perfette nella semplicità del disegno e nella sua organizzazione stilistica.
Nella cripta si conserva, oltre l’antico sarcofago romano di Seia Marcellina (I sec. d.C.) che forse raccolse le spoglie del vescovo S. Mauro e che ora funge da altare, una bella croce in pietra del IX secolo, una Pietà in cotto del Quattrocento e una Crocefissione di scuola ferrarese (sec. XVI).
Nella ex Sacrestia ora Sala Capitolare, d’impianto Cinquecentesco, si ammira l’affresco di Girolamo Marchesi (1471-ca 1540), Dodici Apostoli, S. Benedetto, S. Placido e S. Mauro. Nella Sacrestia “di sotto”, un bel (metà sec. XV) dipinto veneziano su tavola, e, alle pareti, fra gli altri dipinti, Madonna e Santi di Gaspare Sacchi ( morto nel 1536); Cristo e la Maddalena al pozzo di Marco Antonio Franceschini (1648-1729), e una Sacra Famiglia di Luca Longhi (sec. XVI).

Tratto da: "Guida di Cesena",
Società Editrice "Il Ponte Vecchio",
Cesena Maggio 2001.

La Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena ha sponsorizzato il restauro del 2010 della cupola con gli affreschi mariani di Giuseppe Milani, gli spazi sottostanti (tamburo, vele, pilastri) e il complesso delle facciate conventuali a cura del Prof. Franco Faranda, storico dell'arte coordinatore del Ministero dei Beni Culturali.
Da quel restauro è nato un libro "La cupola dell'Abbazia di Santa Maria del Monte a Cesena" edito dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena e curato proprio da Franco Faranda (testo reperibile gratuitamente, in formato elettronico, al link http://www.noteartistiche.it/la-cupola-del-monte.html).
Un trattato minuzioso e prezioso che entra nei particolari del restauro e della storia degli affreschi della cupola dell'Abbazia del Monte in Cesena.